VERETUM
Fu un’antichissima città messapica fondata
sull’omonima collina alla periferia dell’attuale Comune di
Patù, in direzione sud-ovest.
Il primo a parlare di Vereto è stato il grande storico
greco Erodoto all’inizio del V secolo a.C.:
secondo il racconto erodoteo una colonia di Cretesi,
navigando lungo la Iapigia per giungere dalla Grecia in
Sicilia, sorpresa da una grande tempesta, fu sbattuta
sulla costa più vicina, quella di Leuca, dove fondò la
città di Iria e poi altre città. Conseguentemente questi
naufraghi cretesi cambiarono il nome in Iapigi-Messapi.
E’ convinzione generale degli studiosi che la città di
Iria corrisponda a Vereto. E’ certo che tale città diventò
famosa nell’antichità in tutto il bacino del Mediterraneo,
nel periodo di massimo splendore era difesa da
mura poderose -a blocchi isodomi- lunghe più di 4 Km e
dominava su un comprensorio che abbracciava anche Leuca e
la vicina S. Gregorio: nella baia di S. Gregorio Vereto
costruì un comodo porto, i cui resti possono essere
ammirati sul fondo del mare, a pochi metri di profondità,
proprio di fronte alla punta rocciosa che protegge
l’insenatura dalle mareggiate di scirocco.
Altre testimonianze veretine superstiti a S.Gregorio sono
una scalinata messapica e l’imboccatura di un
pozzo che un tempo riforniva di acqua fresca le navi
alla fonda.
Nel III secolo a.C., quando il Salento venne
conquistato da Roma, Vereto diventò un municipio;
ancora oggi nella chiesa di S. Giovanni Battista a Patù, a
sinistra di chi entra, è conservato un grosso blocco di
marmo, un cippo romano sulla cui facciata leggiamo
la seguente iscrizione in latino: M. Fadio M.F. / /
Fab. Valerino / / Post mortem / / M. Fadius Valerianus
pater / / et Mina Valeriana mater / / L.D.D.D. (Locum
Decreto Decurionis Dant) (A Marco Fadio / / Valerino / /
dopo la morte / / Marco Valeriano padre / / e Mina
Valeriana madre / / posero con decreto del Decurione).
Questa pietra, nota come “base dei Fadii”, databile
per consenso unanime al I-II secolo d.C., deve la sua
importanza al fatto che è la prova più evidente della
istituzione municipale in Vereto durante la conquista
romana, con la particolarità ancor più preziosa dello
statuto noto come decurionato. I tre personaggi
dell’epigrafe -padre, madre e figlio- recano lo stesso
cognome, Valerianus: evidentemente i genitori erano dei
liberti che in onore del benefattore avevano assunto quel
cognome all’atto dell’emancipazione, per poi imporlo anche
al figlioletto.
Per trovare una città messapica potente quanto Vereto
bisognava spostarsi fino a Ugento verso ovest, e fino a
Vaste in direzione nord. In epoca romana era comodamente
servita dalla Via Traiana che, fatta costruire in
tutto il Salento intorno al 106 d.C. dall’imperatore
Traiano in ampliamento all’antica Via Appia, girava tutt’intorno
alla penisola a partire da Brindisi per finire a Taranto,
simile a una sorta di litoranea circumsalentina:
tratti superstiti di antiche vie sono sparsi nell’area
classica veretina; motivo di attrazione sono i resti
dell’estesa cerchia muraria di Vereto, databile al
IV secolo a.C., e brevi tratti di muri d’ epoca
romana.
La maggior parte dei reperti archeologici ed epigrafici
venuti alla luce dalle campagne di scavo o a seguito di
fortuiti ritrovamenti, è conservata presso il Museo
Provinciale di Lecce: tantissimi oggetti -terrecotte,
vasi, olle, lucerne, capitelli- sono finiti nelle mani
di privati e da qui nel mercato clandestino
dell’antiquariato. E’ curioso il fatto che, girovagando
fra i terreni della collina di Vereto, ci si imbatta in
tanti piccolissimi frammenti di ceramica e terracotta che
sono diventati un unico impasto con il terreno vegetale.
E’ opinione consolidata che il centro dell’antica città
messapica corrisponde alla zona in cui oggi sorge la
chiesetta della Madonna di Vereto, il punto più
elevato dell’intera collina.[...]
Sta di fatto che a proposito di Vereto occorre parlare non
di una città messapica, bensì di un vero e proprio
comprensorio veretino, nel senso di una vasta area
in cui un centro molto potente esercitava la sua autorità
sui dintorni trasformandoli pian piano in avamposti
militari e in magazzini per vettovaglie oppure
assorbendoli gradualmente nella propria orbita fino a
farli scomparire: solo così si spiega la vicenda del sito
alla masseria del Fano, oppure le mitiche Cassandra e
Tirea alla periferia di Morciano, e ancora la sorprendente
serie di granai messapici in pieno centro cittadino di
Morciano, la millenaria storia di Leuca con la grotta
Porcinara e gli insediamenti protostorici del Promontorio
Iapigio e infine l’esistenza di una poderosa muraglia -
alta circa mt. 2 e spessa mt. 1,5 - situata a mt. 1,5 di
profondità lungo l’attuale muro di confine tra fondo
Cipollaro e fondo Lame alla periferia nord-ovest di
Morciano (detta muraglia, venuta alla luce nell’estate del
1988 durante la costruzione di una strada e immediatamente
ricoperta di terreno vegetale, è in attesa di regolari
scavi archeologici).
Cesare Daquino, I
Messapi e Vereto, Capone Editore, Cavallino 1991, pp.
256-257. |